Nei Settanta, sfasciata e senza tetto causa dipendenze, il figlio tolto alla sua custodia, se ne persero quasi le tracce fino ad un disco di ispirazione country e finalmente, nel 1979, il risorgimento. Marianne Faithfull Broken English, il suo album più famoso e potente, il suo riprendersi la vita dopo quel decennio autolesionista dove le droghe erano state, paradossalmente, il problema minore. Eppure per la stampa restava una viziata dell'alta società britannica, lei che ricca, al di là dello sbandierato titolo materno, non era stata mai. Ma aveva imparato a dribblare, più che a incassare. Da lì Marianne Faithfull non ha mai smesso di mettere i suoi talenti a servizio di tutti, pur acciaccata dai problemi di salute. È stata tra le prime celeb a parlare apertamente di epatite C, diagnosticata a inizi Duemila, e di cancro al seno, e quando si è ammalata di Covid sembrava che non ce la facesse, con 22 giorni di terapia intensiva e lesioni ai polmoni già provati dalle dipendenze passate. Ma era un dettaglio: appena uscita ha ringraziato pubblicamente il personale sanitario e ha ricominciato piano piano a cantare.
D'altronde erano anni che non era più possibile fermarla: si era data al cinema (fenomenale Marianne Faithfull in Irina Palm, su tutti), al teatro, si è lasciata lentamente riscoprire e valorizzare dai colleghi concedendosi lo sfizio di esplorare altri generi, piombando sul finale di un singolo dei Metallica "scioccante come acqua gelida in olio caldo, che poi era il suono della tua voce", come ha scritto il giornalista Federico Pucci. Se un giorno ci chiederanno la perfetta descrizione di chi è stata Marianne Faithfull, risponderemo sicure che è stata la donna, cantante, artista che ci ha aiutate a capire come non farci ingabbiare. E ci ha insegnato a sbagliare, ad abitare i contrasti, a sbattere ovunque, a rialzarci ancora, lasciando sullo sfondo il giudizio degli altri. Grazie, Marianne. The memory remains.

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