Il pasticcio del decreto Sicurezza: norme a rischio, coi ricorsi lo Stato rischia di pagare caro

 

Norme non urgenti e in conflitto con la Costituzione: i giudici della Corte di Cassazione mettono in evidenza le criticità della legge. Cannabis, cortei, carceri e 007, cosa cambia ora

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il seg

Sanzioni spropositate e norme a rischio incostituzionalità: una bocciatura senza appello del decreto Sicurezza. Con un parere - non vincolante - la Corte di Cassazione smonta il provvedimento tanto caro al governo Meloni, da tempo al centro di polemiche sia in piazza che in Parlamento. In una relazione di 129 pagine i giudici mettono nero su bianco tutti gli aspetti critici del decreto convertito in legge nelle scorse settimane. Il parere potrebbe aprire la strada a una lunga serie di ricorsi da parte dei cittadini contro le nuove norme del provvedimento. La conseguenza? Tribunali intasati e un salasso per le casse pubbliche. 

Il decreto Sicurezza non era urgente 

Il primo aspetto critico sollevato dalla Corte di Cassazione riguarda il "metodo": il provvedimento non era poi così tanto urgente da richiedere l'adozione di un decreto-legge. Fino a qualche mese si parlava di "ddl Sicurezza" me il governo aveva deciso di usare un espediente per sbloccare l'iter del testo bloccato da mesi in Parlamento: da qui l'approvazione del decreto Sicurezza. A detta dei giudici non sono però presenti i requisiti di necessità e urgenza, imprescindibili per uno strumento normativo di questo tipo. Il ricorso al decreto-legge non può fondarsi su un'"apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta". Secondo il parere della Corte di Cassazione "l’evidente mancanza dei presupposti costituzionali dei casi straordinari di necessità e urgenza" riguarda l’intero provvedimento. 



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