Parla il compagno della donna, che l'aveva accompagnata nel centro estetico poi risultato non autorizzato. I Nas intensificano i controlli: sequestrate 14 strutture
Doveva essere un intervento facile, breve, ed economico. Con meno di cinquemila euro avrebbe sistemato quello che del suo corpo le dava fastidio sottoponendosi a una liposuzione e a un ritocco al mento. Non è andata così e Ana Sergia Alcivar Chenche è morta in un ospedale romano dove è arrivata in condizioni disperate per le complicazioni dell'intervento eseguito dal medico (ora indagato) José Lizarraga Picciotti. Al Corriere parla il compagno, Jorge Manuel, racconta di come la madre dei suoi figli aveva scelto il medico, del prezzo concordato, dei "soccorsi chiamati dopo due ore" e di un litigio sull'ambulanza. Tutti elementi al vaglio di chi indaga.
L'intervento low cost, il malore, la lite in ambulanza: le ultime ore di Ana
Jorge spiega che Ana era arrivata nell'ambulatorio di José Lizarraga Picciotti, noto come chirurgo estetico ma anche come ristoratore "re del pollo a la brasa", tramite un'amica. Non sapeva che lo studio fosse abusivo, è emerso solo dopo il decesso. "Ana - dice - aveva contattato il medico attraverso la comunità peruviana e con la sua amica Monica aveva deciso di andare nel suo ambulatorio. Si era messa d'accordo per pagarlo 4.300 euro, per una liposuzione e un ritocco al mento. Gli aveva fatto un bonifico da mille e il resto lo ha consegnato in contanti. Quando sono entrato nello studio ho subito capito che c'era qualcosa di strano. Ho pensato che non dovevamo stare lì, ma un'infermiera mi ha tranquillizzato dicendomi che erano cose da nulla".
L'uomo ripercorre le ultime ore di Ana. Ricorda che il medico era "uscito due volte dalla stanza per dirmi che c'erano problemi. L'anestesista voleva andare nel suo vecchio ospedale (l'Umberto I, ndr)". Secondo quanto raccontato però, oltre a essere passato del tempo tra il malore e la decisione di chiamare l'ambulanza privata, una volta sul mezzo di soccorso c'è stata una lite. "L'anestesista e l'autista - ricorda - invece di sbrigarsi e pensare a lei, discutevano su dove fosse meglio portarla: il conducente sosteneva di conoscere un ospedale molto vicino (forse il Policlinico Gemelli o l’Aurelia Hospital) e che sarebbe stato meglio andare lì, mentre l'altro si è impuntato che voleva andare da tutt’altra parte, al Policlinico Umberto I. Molto più lontano".
Oltre al professionista, accusato di omicidio colposo in concorso, sono indagati anche un infermiere e proprio l'anestesista Paolo Colcerasa. Sotto indagine c'è anche la società di ambulanze private che è stata chiamata. Nei prossimi giorni sarà eseguita l'autopsia e sarà determinante per le indagini. Se dagli esami tossicologici dovesse emergere un legame tra il malore fatale e i farmaci somministrati, la posizione dell'anestesista potrebbe aggravarsi ulteriormente.

Posta un commento